Da zero a 100, quando la rabbia esplode
Questa mattina avrei potuto partecipare ad una finale olimpica di lancio del giavellotto e vincerla.
Vestita di tutto punto, pronta ad affrontare il lunedì, ricevo una telefonata. Conversazione tranquilla, poi una risposta inaspettata e poco soddisfacente. Nessuno mi ha mancato di rispetto, ma dentro di me si è aperta una crepa. Ripeto a me stessa il mantra: calma, assertiva, equilibrata. Funziona? Più o meno.
La verità è che sotto i piedi la terra sembrava tremare con la stessa potenza che è servita a far sparire la città di Atlantide. Tilt. Cervello spento. Il telefono vola per cinque metri. Atterra, miracolosamente integro. Conversazione ancora attiva. Ops.
Un’ altra medaglia all’ essere fuori luogo, mi viene voglia di sfogarmi: un pugno, un urlo, una porta. Ma la mia vocina interiore – saggia e odiosa – mi dice: “Non alimentare la curva della rabbia, spezzala”.
Quando usciamo dalla finestra di tolleranza, la percezione immediata è spesso quella di dover scaricare tutto il nervosismo e la tensione accumulata, come se urlare o sfogarsi potesse spegnere quell’enorme focolaio di emozioni che ci brucia dentro. Tuttavia, questo atteggiamento raramente porta sollievo duraturo; al contrario, tende a nutrire e amplificare ulteriormente i sentimenti negativi.
E allora salto. Sì, salto. In stile Jane Fonda anni Ottanta, mentre Whitney Houston canta I Wanna Dance with Somebody. Il corpo si muove, la mente si libera.
Acqua fredda sui polsi, anzi gelida. Magia: i pensieri rallentano, tornano lucidi. Richiamo. E, incredibilmente, ci capiamo. Tutto risolto.
Morale?
Se perdi il controllo, trova il ritmo.
Se la testa scoppia, mettila a mollo.
E se proprio non funziona… almeno avrai fatto un po’ di cardio.